"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

La vita in cui è divenuto presente e compagno del nostro nulla Gesù Cristo.
Forse può interessare sapere che un certo Gasparo Ancarano, pubblicando nell’anno 1558 a Venezia, presso Bernardo Giunti, un trattatello rosariano, afferma le lontane origini medievali e domenicane della devozione del Rosario. E aggiunge che esse vanno fatte risalire al 1223, cioè alla predicazione di San Domenico contro gli Albigesi, in vista della loro conversione.
Sappiamo che, forse originato dal circulum praecatorium che in svariate iconografie è possibile identificare nelle mani dei Padri del deserto, l’uso di una cordicella con nodi ‘contapreghiere’, era comune tra i Domenicani.
Essa era il sistema di preghiera degli ‘illetterati’ nei monasteri. Coloro i quali, cioè, non erano in grado di recitare il Salterio durante l’officiatura corale.
Questa corda o cordone si chiamava ‘Paternoster’.
Nel 1232, San Pietro Martire, fonda a Milano la Fraternità di Maria.
Anche in questo caso la Madre di Cristo viene invocata come colei che giustamente i domenicani vedono soprattutto come sedes sapientiae nel conflitto contro la ‘falsa sapienza’ dell’eresia. Era, quello domenicano, un ordine di predicatori che si era assunto l’onere di confutare l’ignoranza riguardo il vero depositum fidei.
Ogni mariologia, è anche sempre una cristologia.
Su Maria e la devozione ad essa, san Bernardo con gusto tipicamente medievale ci regala la definizione-immagine che di per sé è una sintesi dottrinale:” Eva spina, Maria rosa”.
Rosa mistica, ovvero la rosa come simbolo di pienezza dell’essere e della conoscenza.
Fu il domenicano Alano de la Roche che, volendo fondare a Douai nel 1470, una confraternita in cui tutti pregavano per tutti, ebbe l’intuizione pratica di diffondere il Rosario che lui-per evitare confusioni con sopravvivenze di attribuzioni arcaiche e semipaganeggianti riguardo il fiore della rosa e delle sue valenze simboliche- decise di chiamare Salterio.
Pensò di unire intimamente la recitazione della salutatio angelica alla meditazione dei misteri della vita di Cristo.
Per facilitare la meditazione si servì della regola di sant’Agostino che suddivise in 15 capitoli (i Misteri) e ogni capitolo in 10 articoli, corrispondenti alle Ave Maria.
Nel suo pensiero le 150 Ave Maria corrispondevano ai 150 Salmi del salterio davidico, la divisione in tre gruppi ai tre momenti della giornata (mattino-mezzogiorno e sera) come l’ulteriore suddivisione in gruppi di dieci Ave Maria doveva ricordare l’arpa a dieci corde del re Davide.
Alano prevedeva la recita delle tre corone ogni giorno e voleva dare forma organica all’indicazione di san Domenico, il quale vedeva nella devozione a Maria una componente fondamentale della vita della Chiesa.
la persona di Maria è infatti intimamente connessa col mistero trinitario: con lo Spirito Santo di cui è sposa, con il Verbo di cui è Madre, con il Padre di cui genera il Figlio fatto uomo e, conseguentemente, con il mistero della nostra Redenzione.
Nel 1475, a Colonia, alla presenza di Federico III e del legato pontificio Alessandro Nanni Malatesta, viene celebrata, abbandonato il nome ‘salterio’, la fondazione, questa volta solenne, della Confraternita del Rosario.
Dal 1480 in poi si ebbe una rapida diffusione del culto del Rosario, prima nella zona fiammingo-renana e, di qui, in Francia, Spagna, Italia.
In Italia molto presto, già a fine '400 attecchisce in Toscana, Venezia, Roma.
Si pensa che all’inizio di quella che sarà una rappresentazione iconografica tra le più diffuse, sia la magnifica opera del Durer, “La festa del Rosario”, ora conservata nel Museo nazionale di Praga.

(immagine: Festa del Rosario - Albrecht Durer 1506)