"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Il grande padre di tutti quelli - come la sottoscritta - spiazzati da ‘esperienze cristiane’ e grandi idealizzazioni piene di pruriti personali per proporre una fede ‘sostenibile’. Cioè misurata su quello che si adegui a noi e alle nostre attese debitamente ipertrofizzate dal main stream a cui di noi, è chiaro, non interessa nulla.
Lui era la Roccia.
A lui devo semplicemente di essere ancora qui, nonostante lo sfascio del barchino su cui viaggiavo e delle alte onde che me l’hanno assaltato.
Ho pensato, per ricordare papa Benedetto, di tradurre (chiedo venia per le imperfezioni) alcune parole di Peter Seewald, suo biografo personale.


Peter Seewald ha recentemente respinto al mittente le dichiarazioni di papa Francesco in base alle quali i ‘due papi ebbero cordiali relazioni’ e che Benedetto sia stato’ un papa di transizione’.
In una recente intervista rilasciata a Katholisce Sonntags Zeitung, della diocesi di Regensburg, si chiedeva a Seewald un commento su quanto affermato dall’attuale papa nel suo libro intervista intitolato "Il successore".
Secondo il biografo di papa Benedetto XVI, Francesco è uso mantenere sempre un ‘doppio approccio’ riguardo ciò di cui tratta.
Da un lato, Bergoglio loda Benedetto e arriva a definirlo ‘un grande papa’ la cui opera e persona dovrebbe diventare sempre più chiara ed evidente generazione dopo generazione; dall’altro lo minimizza, chiamandolo ‘nonno’, amico paterno o addirittura ‘papa transizionale’.
La realtà è che fin da subito, Bergoglio ha voluto infrangere ogni continuità tra i papi, sfidare tutto ciò che sapesse di ‘tradizionale’,
ribaltare le cose o, dove non fosse possibile questo, creare ‘caos’, come egli stesso dice nel nuovo libro di Javier Martinez - Brocal.
Quando Bergoglio parla delle forme tradizionali della fede, le definisce come ‘malattie nostalgiche ‘.
Egli ha voluto dare una dimostrazione di chi fosse padrone di casa, abolendo - quando lui era ancora in vita, se pure ormai al suo termine - la libertà da Benedetto concessa alla celebrazione della Liturgia secondo il Vetus Ordo.
Il papa emerito dovette scoprire questa cosa dai giornali: questo valga da esempio riguardo le ‘cordiali relazioni’ tra i due.
Secondo Seewald, la maggior parte delle riforme positive che si ritiene siano opera di Francesco, sono state approntate ed iniziate da Benedetto XVI.

Fu lui a introdurre per la prima volta i sinodi vescovili aperti.
Fu lui ad iniziare a ristrutturare il sistema finanziario del Vaticano.
Fu suo un enorme progresso nel dialogo interreligioso, lui intensificò le relazioni con il mondo ebreo, relazioni che non furono mai migliori di quanto non lo fossero durante il periodo del magistero di Benedetto.
Benedetto XVI fu il primo papa nella storia a comporre una vera e propria cristologia, la sua opera Gesù di Nazaret.
Essa è considerata una Magna Charta nella Chiesa come riflessione sulla persona di Gesù.
Ma la cosa veramente importante è che lui è considerato il più grande teologo che sia mai salito al soglio di Pietro e un vero e proprio Dottore della Chiesa dei tempi moderni.
La sua principale caratteristica è stata di aver parlato senza ambiguità e resi certi i fedeli sul fatto che la barca di Pietro mantenesse la rotta.
Last but not least: le sue dimissioni, le prime nella storia di un papa realmente regnante, hanno cambiato il papato come mai avrebbe potuto cambiare, nei tempi moderni.
Un papa transizionale? Beh, lasciamo perdere.
Ratzinger ha fatto la storia: come mente trainante durante il Concilio vaticano II, come innovatore in Teologia, come Prefetto che significativamente sostenne e diede slancio al pontificato di Giovanni Paolo II per un quarto di secolo.
E, naturalmente, come Papa.
Ratzinger è il teologo maggiormente letto dei tempi moderni e, durante lo scandalo degli abusi sessuali, ebbe una posizione netta e decisa, riconoscendo umilmente - come egli stesso disse - di aver commesso degli errori.
In sostanza secondo Seewald, Benedetto XVI non si eresse come vessillo per una ‘Chiesa dell’oggi’, ma come riferimento solido per ‘una Chiesa del domani’.
Il processo di cristallizzazione e di chiarificazione da lui portato innanzi è costatato sicuramente molti privilegi di posizione.
Della Chiesa, ”dovrà tornare povera - diceva Benedetto XVI - una Chiesa dei piccoli, ma dopo aver superato queste prove, una grande forza fluirà da una realtà di Chiesa resa internazionale e semplificata”.

Seewald conclude dicendo che Benedetto si fidava di Francesco, ma, non di rado, provava a causa sua molta amarezza.
Quando uno, come Bergoglio, definisce il suo predecessore 'grande papa' e ripete che egli è stato un ‘grande dono’, se ne è veramente convinto, non dovrebbe allora fare il possibile per conservarne l’eredità?
È esattamente quanto fece Benedetto XVI con Giovanni Paolo II. Mentre, da quanto possiamo vedere, Francesco ha fatto veramente molto poco in continuità con Benedetto XVI”.
Mi permetto io di aggiungere la menzione di Anglicanorum coetibus, che portò a riunirsi alla Chiesa Romana Cattolica una grande quantità di protestanti anglicani, fatta salva la libertà di mantenere il loro rito, adeguatamente modificato.
Questo fatto, unito alla chiara presa di posizione contro le lobbies gay che lucrano e crescono rigogliose sulla distruzione della famiglia tradizionale e sulla fragilità degli individui di oggi, è stata - a mio sommesso avviso - la miccia che non poteva non segnare la sua fine.