"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

La bambina in lista d’attesa per la morte prossima ed accertata giaceva senza rendersi conto di nulla e apparentemente dormiva. Siamo in un ospedale tirato su dalla carità di alcune suore nel cuore del Camerun e qui tutto accade in forza della generosità dei donatori, dello sforzo professionale di alcuni operatori e della costante raccomandazione a Dio.
Negli stessi attimi febbrili in cui un chirurgo viene trascinato al capezzale della piccola per permettere una speranza di vita, dall’altra parte dell’emisfero, al di sopra dell’Equatore alcune migliaia di kilometri, si sta sparando all’impazzata su degli innocenti, rei soltanto di voler ascoltare i Piknik.
Non saltano fuori solo le budella che in un altro luogo si sta cercando di rimettere dentro la cavità ad esse preposta, salta un ‘intera struttura da megaraduni grazie al lancio di bombe assassine. Spari e bombe.
E, su tutto l’eco di scuse anticipate, non richieste che suonano come una dichiarazione: “excusatio non petitia, accusatio est”, come dicevano quegli sgamati dei nostri antenati.
L’excusatio, inutile dirlo, arriva da parte americana.
Ma non è di questa indegna parte che dei cowboy da quattro soldi recitano da tanto, troppo tempo oramai, e per di più sulla pelle degli altri che mi preme sottolineare.
Mi colpisce - e per questo ne parlo qui - l’assoluta relatività della vita umana.
Sembra che la vita sia una piuma che vola e svolazza e si posa a casaccio or qua or là. Se le capita di posarsi in un luogo, muore spietatamente schiacciata. In un altro luogo viene coltivata, protetta e poi resa al mare magnum del tempo che - comunque nel suo scorrere - prima o poi la distruggerà senza problemi.
E, mi domandavo, perché preservarla, perché curarla questa piuma leggera che non sia da dove arrivi né, appena l’hai accarezzata un attimo, dove se ne andrà.
Parlo della nostra vita, capitata qui chissà per quale motivo e di quella dei nostri figli per esempio. Delle persone care che amiamo o abbiamo amato. È sempre di questi ultimi giorni la dipartita di svariate altre ‘piume’.
Un figlio di 37 anni, una mamma di 82, un feto appena concepito e poi perduto, un pianista insostituibile.
Per tutti costoro la domanda è: dovevano per forza esserci?
Perché tanta bellezza se è bastato un nulla, un’idea semplice co me quella di andare ad ascoltare dei Piknik per andarsene?
E perché dei disgraziati si son fatti convincere per qualche migliaio di rubli a fare una mattanza disgustosa per poi finire massacrati a loro volta dai corpi di sicurezza i cui effetti non abbiamo mancato di vedere su quelle facce dallo sguardo perso tutti sfregiati dal sangue delle botte e dei calci ricevuti per arrestarli?Ratzinger dice che ci troviamo in uno stadio intermedio: tra ombra e realtà.
Egli, quando il nostro capo si china sotto il peso del non-sense che ci circonda, ci parla di Cristo.
Precisamente di quel Cristo che andò a morire lasciandosi crocifiggere come il mondo cristiano in questa settimana si accinge a rammemorare con i riti che preludono alla Pasqua.
E lo fa dicendoci che “l’essenziale del passato, non è affatto semplicemente passato, ma è la forza perdurante dei presenti che si susseguono. L’atto da Lui compiuto è una rappresentanza, un atto vicario, che accoglie in sé coloro che sono rappresentati, non rimane loro esteriore, ma li plasma. La Pasqua di Cristo - anche proprio quella che riaccade ogni celebrazione liturgica della santa Messa - dobbiamo avere chiaro che non è solo ‘rito’.
Essa è assimilazione della mia esistenza con il Logos, contemporaneità tra me, il poco e disperato che io sono, e l’offerta di Cristo. Celebrare il culto è oggi per noi cristiani tutto nel divenire capaci di amare nella banalità e vastità della vita quotidiana, divenendo così simili a Dio. La nostra speranza che da sé sola è così piccola e fragile non giungerebbe mai pienamente a nessun traguardo.
“La notte - però - è avanzata, il giorno è vicino”. (Rm 13, 12)
La Passione e Resurrezione di Cristo è il ‘già e non ancora’ in cui le condizioni paradossali del nostro esistere continuano a valere, e tuttavia sono già state infrante ed aperte.
E noi dobbiamo continuare ad aprirle in vista di quella definitività che, comunque, in Cristo è già entrata in scena”

 

BUONA   PASQUA