"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Pare impossibile, ma risulta difficile farsi un’idea del molto che, alcuni pochi - nelle cui mani risiedono i mezzi di informazione - impediscono al cittadino normale di conoscere.
Da due anni, l’oggetto principale (cui ora va aggiungendosi il genocidio di Gaza) di questa cortina di disinformazione è la famigerata guerra in Ucraina.
Per questo mi fa piacere esporre qui qualche notizia che vola ‘oltre’ le nebbie, da tanta parte per noi sparse ad arte (fa pure rima…).
“Tre fatti gravissimi sono accaduti in pochi giorni e ciò permette di comprendere come i giovani ucraini, salvo pochissime eccezioni, pur di non combattere più si stiano ammutinando, scappando all’estero o, in non rari casi, procurandosi delle fratture per non essere costretti ad andare al fronte.

- La caduta di Avdijka, la battaglia più importante della guerra, se ben compresa, ci rende l’idea dello scarto tra la visione ideologica dei salotti italiani e la realtà sul campo.
Zelensky voleva che i soldati facessero come ad Avdijka la stessa fine di Bakhmut: morire inutilmente per rimandare il più possibile la caduta certa della città.
Il nuovo comandante dell’esercito, non a caso chiamato ‘macellaio’ da molti soldati, perché manda al massacro i suoi uomini senza battere ciglio, era d’accordo.
Colti dalla disperazione, molti militari ucraini hanno iniziato, invece, a scappare per i campi perché il rapporto tra i colpi di artiglieria ucraina e russa erano di uno a dieci, come ha rivelato al New York Times, il comandante del fronte sud ucraino, Oleksandr Tarnavskyi.
Alla notizia della fuga, il ‘macellaio’ si è precipitato a dichiarare la ritirata.
In realtà, quello che ha fatto non è stato ordinare la ritirata: è stato prendere atto che gli ucraini stavano abbandonando la città.

- Secondo fatto gravissimo: pochi giorni dopo Advjika , è caduta pure Krynky, la testa di ponte creata da Kiev nella parte est di Kherson.
La caduta di Krynky significa non avere più nemmeno una possibilità su un miliardo di riprendersi Kherson.
Quella possibilità, a dire il vero, non è mai esistita, ma permetteva alla Nato di raccontare la favola che - partendo da quel pezzo di terra - gli ucraini avrebbero sbaragliato l’esercito russo.

- Terzo fatto altrettanto grave: i Russi sono entrati a Robotyne, riconquistata per metà.
Robotyne è quel villaggio di Zaporizhzia espugnato dagli ucraini dopo due mesi di controffensiva.
L’offensiva era iniziata il 5 giugno, Robotyne era stata presa il 27 agosto.
Il costo di questa infinitesimale conquista è una catasta di morti alta fino al cielo.
La situazione  in definitiva spiega la disperazione degli ucraini e la perdita della volontà di combattere.

I soldati che affrontano questa guerra come martiri esistono, ma sono una minoranza.
La gran parte dell’esercito è costituita da persone arruolate all’impazzata, prive di quel senso eroico della divisa proprio dei corpi scelti, cui va tutto il mio rispetto.
Il loro senso di disperazione è umano.
Ciò che non è umano sono le dichiarazioni del Corriere della Sera, di Radio 24 e dei Calenda vari, che gridano: "Forza ucraini! Combattete sino alla morte!"
Gli ucraini  però non vogliono più combattere perché hanno compreso che la guerra è persa e che la loro situazione con il tempo , peggiorerà soltanto. Gli ucraini non hanno mai vinto una sola battaglia frontale. Non c’è mai stata una Bakhmut in favore degli ucraini.
Purtroppo, l’Ucraina è un Paese finito; gli ucraini sono spacciati.
Questa è la morte di una nazione”.

(La verità del campo , di A. Orsini)