"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Stati Uniti e Gran Bretagna, opponendosi al cessate il fuoco, sono venuti meno alle loro obbligazioni derivanti dalla Convenzione contro il genocidio, senza che nessuna voce di dissenso si sia sollevata dalle cancellerie dei Paesi occidentali.

UCRAINA DUE ANNI DOPO: CHI FA LA PACE È PERDUTO

Nell’aprile 2014 inizia l’offensiva dell’esercito ucraino contro una parte del proprio popolo, i russofoni del Donbass riuscendo a produrre più di 14000 morti in otto anni.
Un vero e proprio regolamento di conti voluto da chi a Kiev si propone di riscrivere la storia e spezzare il legame millenario russo-ucraino e russo-europeo.
Per capire però come si sia giunti a quella guerra civile occorre risalire indietro negli anni ed evocare i primi allargamenti della Nato, compiuti nonostante la promessa fatta a Gorbaciov nel 1990: non estendere d’un pollice l’Alleanza (parola di James Baker, segretario di Stato americano).
Fin dal 2007 alla conferenza di Monaco sulla sicurezza, Putin aveva avvertito quelli che ancora chiamava ‘partners occidentali’: “Abbiamo il diritto di chiedere: contro chi si intende espandere la Nato? E cosa è successo con le garanzie dei nostri partners occidentali dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi le dichiarazioni di allora? Nessuno riesce neanche a ricordarle”.
E ancora - rispondendo all’allora ministro della Difesa italiano Parisi (governo Prodi) che sosteneva che non solo l’Onu, ma anche la UE e la Nato possono legittimare l’uso della forza per combattere ‘la violenza ingiusta e ripristinare la pace’ - Putin diceva: “Forse non ho udito correttamente, ma i nostri punti di vista divergono fortemente: l’uso della forza può essere legittimato solo se la decisione è presa dall’Onu. Non abbiamo bisogno di sostituire l’Onu con la Nato e la UE”.
L’espansione Nato proseguì aprendo le porte nel 2008 a due paesi confinanti con la Russia, Ucraina e Georgia.
Ciononostante, una legge costituzionale nel 2010 in Ucraina decretò il non allineamento del Paese.
Non fu cosa gradita e l’abbandono della neutralità venne annunciato nel 2014 dopo un semi-colpo di Stato voluto e gestito da Washington (e orchestrato dal vicesegretario Victoria Nuland), che infiltrò il movimento democratico Euromaidan con miliziani neonazisti e riuscì a far destituire il governo Yanukovic, giudicato ‘filorusso’.
L’adesione alla Russia della Crimea avvenne esattamente dopo le porte aperte della Nato all’Ucraina e alla Georgia, mentre in Donbass imperversava l’offensiva dell’esercito e delle milizie ucraine in Donbass.
Nel 2019 la volontà di adesione alla Nato fu iscritta nella Costituzione ucraina.
Una volta riconosciuta questa ‘storia lunga’, il cammino verso la pace potrebbe accorciarsi nonostante il cumulo di morti che ormai l’intralciano.
E potrebbe a due condizioni:
- che si attivi la diplomazia
- che si torni alla neutralità del 2010.
I governi di Londra e Washington hanno bloccato ogni tregua, perfino quando Kiev accettò un piano di pace già nel marzo 2022, poche settimane dopo l’invasione russa.
Pur di impedire la neutralità che il piano prevede l’invio di armi continua.
L’intento è vincere la partita con Mosca fino all’ultimo soldato ucraino morto.
Nessun governo europeo ha obiettato nulla quando il segretario Nato Stoltemberg ha incitato a preparare "un'economia di guerra" e a "decenni di confrontazione con la Russia".
È finita l’epoca dei grandi accordi di disarmo negoziati in piena Guerra fredda, degli sforzi per sventare un nuovo conflitto mondiale, della grande paura dell’atomica.
Forse perché i responsabili del crimine di Hiroshima e Nagasaki. Essendo usciti vincitori della guerra, non furono mai processati.
È finita pure l’Unione Europea, così come concepita all’inizio: strumento per garantire la pace nel continente, e non come fortilizio contro Mosca.
La parola d’ordine oggi è RIARMO a tutti i costi.
A questo si intende debba servire la UE, questo promette la von der Leyen, candidata alla rielezione come presidente della Commissione: difesa comune con più spese militari.
Per la prima volta nel Patto di Stabilità firmato il 10 febbraio dal Consiglio UE e Parlamento europeo, l’aumento delle spese militari figura tra le riforme che gli Stati membri “devono attuare per non rischiare infrazioni”. Sono gli apparati militari-industriali e le loro lobbies, infine, che esercitano oggi la governance: sono loro che nella UE si ‘unificano’.
La guerra così è chiamata, accettata. Diviene il lievito delle industrie: promette ‘crescita’ e ‘posti di lavoro, come assicurato ad ottobre dal segretario di stato americano Blinken e dal ministro della Difesa Austin.

(riduzione mia di “La falsa memoria dell’Occidente verso un futuro di morte” di Barbara Spinelli)