"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

È una piccola macchia in alto a sinistra nel quadro del mio orizzonte e si trova in cima ad un colle un po’ elevato di quelli attorno.
Finalmente stamattina qualcuno automunito - cosa che io non sono più - mi ha accontentato e portato a verificare cosa fosse la piccola macchia bianca.
Sapevo da informazioni prese che era una chiesa.
Ma me l’avevano indicato come intitolata ad un santo che invece non c’entrava nulla. È un piccolo santuario dedicato alla Madonna.
È stupefacente come questi santuari dedicati alla Madre di dio sorgano per lo più - almeno in questa zona - in posti sempre splendidi. Posti protesi sopra le valli come sopra il mare.
Sono delle vere postazioni di vedetta e di difesa.
I pericoli vengono per così dire messi a nudo dall’occhio vigile della presenza santa.
Naturalmente per coloro che dai pericoli vogliano chiedere soccorso e forza per superarli.
Esattamente come fanno e devono fare le madri: allertare i propri figli e donar loro supporto.
Poi, saranno loro a decidere se comportarsi di conseguenza o meno.
Da quel piccolo appostamento che è il santuario sopra citato, inerme e campato per aria come appare dal basso, da dove cioè lo vedo io ogni mattina, la prospettiva cambia completamente. Da lassù è immediato scorgere due interi avvallamenti racchiusi da una sorta di sporgenze coperte di boschi, ben due corsi d’acqua che vanno a congiungersi per poi formarne un terzo in prossimità del mare, case, brutte fabbriche, strade, e mille altre chiese e chiesette disseminate un po’ ovunque.
Confine che appare come fondale altamente scenografico a tutto: il mare.
Un blu azzurro che si rivela come apparizione improbabile dopo tutto quel verde e quella terra spa ovunque.
Mentre riflettevo a questo spettacolo che dal basso non si può immaginare, annunciano al Telegiornale che i Finlandesi stanno recandosi a votare per eleggere il loro primo presidente da affiliati alla NATO.
A commento le parole di Stoltemberg che profetizza con inqualificabile candore: “ci attendono dieci anni di guerra quasi certi con la Russia”.
Provando a darne pure le ‘ragioni’…
Delle tre, fornite, l’unica che ha apparenza di essere quella vera, quella casualmente messa in coda, come fosse un piccolo inciso di poca importanza, per lui come per parecchi che attualmente stanno speculando con la morte altrui, è il ‘mercato’.
Di colpo, il ricordo della grande ampiezza di respiro che si godeva stamattina da lassù, dal piccolo santuario in cima al colle, si è spezzato sulla parola fatidica: ‘mercato’.
Come se non ci fosse minimamente uno spiraglio di prospettiva diversa, di un’angolatura un po’ più ampia, come il respiro goduto dal santuario.
Così ho ripreso Caritas in veritate, dove il maestro indiscusso di ampiezza di respiro e di vedute, Benedetto XVI, ci ha voluto regalare una volta di più una prospettiva degna sul grande spazio della verità umana.
All’inizio di questo scritto, volevo - citando il Vagaggin - parlare di ‘genuflessione’.
Del semplice gesto, ormai fuori moda, di piegare le ginocchia davanti ad un Altro che non siamo sempre e solo noi, ma Stoltemberg mi ha costretto a mutare rotta…
In effetti, per continuare sulla linea prospettica di quelle cose che ci ostiniamo a guardare dal basso, cioè dalle nostre mediocri misure, - visto da Stoltemberg, quel che si vede non è che un piccolo rettangolino bianco con uno spuntone dritto verso il cielo. Visto dal rettangolino bianco che, a differenza di Stoltemberg, gode di prospettiva invidiabile, quel che si vede ha tutt’altro aspetto.
Sostanzialmente quello che né lui né gli amerikani e i loro servi (sparsi un po’ ovunque in Europa) si sognano nemmeno che esista: la moralità.
Vado - sintetizzando qua e là - di Joseph e la sua enciclica:
“34. La convinzione dell’esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare ‘influenze’ di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo.
35. Il mercato non può contare solo su sé stesso, perché non è in grado di produrre da sé stesso ciò che va oltre le sue possibilità.
Esso deve attingere energie morali da altri soggetti che sono capaci di generarle.
36. L’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Essa, infatti, va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica.
Non si deve dimenticare che non esiste un mercato allo stato puro.
Esso trae forma dalle configurazioni culturali che lo specificano ed orientano.
Vediamo così che l’economia e la finanza, in quanto strumenti, possono essere mal utilizzati quando chi li gestisce ha solo riferimenti egoistici.
Ma è la ragione oscurata dell’uomo a produrre queste conseguenze, non lo strumento in sé stesso.
Perciò non è lo strumento a dover essere chiamato in causa, ma l’uomo, la sua coscienza morale, la sua responsabilità personale e sociale.
La sfera economica non è eticamente neutrale, né di sua natura disumana o antisociale. Essa appartiene all’uomo e proprio perché umana deve essere strutturata ed istituzionalizzata eticamente.
37. Il reperimento delle risorse, i finanziamenti, la produzione, il consumo e tutte le altre fasi del ciclo economico hanno ineluttabilmente implicazioni morali.
Così ogni decisione economica ha conseguenze di carattere morale.
40. Negli ultimi anni si è assistito alla crescita di una classe cosmopolita di manager, che rispondono solo alle indicazioni dei loro azionisti di riferimento, costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono i loro compensi.
Già Paolo VI invitava a valutare seriamente il danno che il trasferimento all’estero di capitali a esclusivo vantaggio personale può produrre alla propria nazione, mentre Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale, oltre che economico.
Devono essere fatti salvi i vincoli di giustizia, tenendo sempre conto di come il capitale si è formato e dei danni alle persone che la ricerca esclusiva del profitto a breve termine arrecherà, minando i veri fondamenti della democrazia.
71. Spesso lo sviluppo dei popoli è considerato un problema di ingegneria finanziaria, di apertura dei mercati, di abbattimento dei dazi, di investimenti produttivi.
Ma lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza uomini politici e operatori economici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello al bene comune: sono necessarie sia la preparazione professionale che la coscienza morale”.
Per chiudere, tre modeste domande:
- Come (al costo, cioè, di quanta carne umana) si forma il capitale che viene accumulato con guerre e stermini di varia umanità?
- Dove è la ‘giustizia’ che i vari politici, in primis quelli del nostro Paese, vanno declamando di voler perseguire?
- E, infine, echeggiando il vecchio Alessandro: “La morale: chi era costei”?