"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Per questo fa piacere trovare un lettore acuto della crisi della Chiesa dei nostri tempi come è Stefano Fontana, del quale riporto un suo intervento.
È sul 120mo dalla morte di un grande Papa, Leone XIII.
Papa che ha dovuto tamponare meglio possibile le grandi falle spalancate nella Chiesa dai nemici della Chiesa, anche quelli soprattutto all’intero di essa, esattamente come oggi.
120 anni dalla sua morte, 120 anni di smarrimento.
Ovvero 120 anni di un lungo dolorosissimo addio, a mio avviso. Un addio da quanto –forse- non rivedremo mai più.
Dispiacere il mio non certo per le forme, ma per i contenuti sì, che invece quelli sono e quelli dovranno rimanere finché la Chiesa ardirà chiamarsi Chiesa Cattolica Romana.
Anche nei prossimi 120 anni.
Per sempre.
Utile articolo per riflettere, e per chi ci crede, per insistere a pregare. Pregare tanto.

Approfitto così per il mio di addio, nel senso, che - come sempre - quando arriva l’estate, la sottoscritta, entra in modalità aereo.
Non perché io d’estate mi dedichi ai voli, quanto perché mi inabisso e non appaio più sui radar.
Troppo stordiscono, almeno stordiscono me, rumori e luci dell’estate, per permettere di riflettere come vorrei. Poi, modestamente, ritengo che una pausa ci voglia sempre: in tutto, da tutti.
A Dio piacendo, è solo un arrivederci.
Buona estate

"In questo 2023 ricorrono i 120 anni dalla morte di papa Leone XIII, avvenuta il 20 luglio 1903. Gli anniversari sono sempre occasione di bilanci.
In questo caso il bilancio riguarda il fondatore della Dottrina sociale della Chiesa nell’epoca moderna, non solo per la Rerum Novarum, ma anche per il coro di altre nove encicliche che fanno da cornice a quella sulla questione operaia e che Leone XIII stesso elencò nell’enciclica Annum ingressi nel 1902, ad un anno dalla sua morte.
In cosa, se lo abbiamo fatto, siamo rimasti fedeli a quel quadro di riferimento indicato dal Santo Padre?
Siamo rimasti fedeli almeno negli aspetti sostanziali?
Alla base del suo approccio alla questione sociale stava l’enciclica Eterni Patris dell’anno 1879, che riproponeva la filosofia del realismo tomista in contrapposizione alle filosofie del tempo, soprattutto il positivismo materialista, invitando tutte le scuole cattoliche a farla propria nell’educazione.
E oggi?
Durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI i punti fondamentali di quel quadro filosofico sono stati sostanzialmente conservati, dato che è stato mantenuto il rapporto tradizionale tra la ragione e la fede.
Più di recente, invece, il magistero ecclesiastico sembra esseri allontanato da quei presupposti filosofici, assumendo una razionalità incentrata sull’esistenza e la storia.
Su questo punto, di Leone XIII è rimasto veramente poco o nulla.
Papa Pecci aveva scritto ben quattro encicliche e tre lettere apostoliche sulla massoneria, la più nota delle quali è stata la Humanum genus (1884). La massoneria veniva da lui considerata come relativista, libertaria, naturalista e diabolica.
Oggi la Chiesa sembra aver cambiato rotta.
Soprattutto dopo la famosa lettera del cardinale Gianfranco Ravasi ai "fratelli massoni" del 14 febbraio 2016.
Non si può però dire che la natura e gli obiettivi della massoneria siano nel frattempo cambiati, né che si siano addolciti. Ancora oggi essa lavora per una religione universale dell’umanità priva di dogmi e combatte la Chiesa sia dall’esterno che dall’interno.
Anche su questo punto il cambiamento è ben evidente.
Leone XIII aveva rivendicato per la Chiesa il diritto ad una autorità originaria ed esclusiva su alcune materie, come la legislazione sul matrimonio e l’educazione. Secondo la Arcanum divinae sapientiae (1880), il matrimonio doveva e poteva essere solo religioso, perché, una volta sganciato da quel fondamento soprannaturale, si sarebbe via via degradato anche sul piano civile, come infatti abbiamo visto accadere.
Quanto all’educazione, il papa sosteneva che la Chiesa avesse una funzione "sopraeminente", come disse poi anche Pio XI, in quanto incarnante una “maternità soprannaturale”, di ordinare l’educazione dei bambini e dei giovani alla religione vera, che avrebbe garantito anche la ragione vera.
Quindi nessun monopolio sovranista dello Stato in materia di matrimonio e di scuola.
Oggi siamo lontanissimi da queste posizioni e, non solo i laici, ma anche i cattolici considerano giusto e naturale che il matrimonio e la scuola siano governati dello Stato. Anche qui nessuna continuità.
Leone XIII pensava e insegnava nelle sue encicliche sociali che l’autorità viene da Dio e non dal popolo sovrano. Non negava in modo assoluto la democrazia, ma pensava che un potere sovrano, come è anche quello del popolo e non solo quello dei despoti assoluti, fosse inaccettabile e molto pericoloso.
Chi è sovrano non dipende da altri sopra di sé, quindi può fare quello che vuole.
E infatti oggi il popolo delle democrazie moderne fa quello che vuole (o si illude di farlo). Agli occhi di Leone XIII, ma anche di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, la nostra democrazia attuale ha molti aspetti totalitari.
Se l’autorità viene da Dio, allora il potere politico non è indipendente e autosufficiente, ha bisogno di porsi in relazione con la religione vera.
Ma oggi questo principio è ampiamente abbandonato.
A proposito di religione vera… Leone XIII non pensava che tutte le religioni avessero la stessa capacità di fondare e animare, pur rispettandone la legittima autonomia, la società e la politica, ma che questo scopo potesse essere agevolmente e proficuamente raggiunto solo dalla religione cattolica.
Con variazioni e qualche problema lasciato aperto, anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si attennero sostanzialmente a questo criterio.
Oggi, invece, la Chiesa, per rispetto di un principio di libertà di religione su cui Leone XIII avrebbe diverse perplessità, assegna a tutte le religioni la stessa capacità di animare e guidare la società civile, facendosi paladina dell’indifferentismo religioso, o al massimo del dialogo pubblico tra tutte le fedi.
La distanza rispetto a Leone XIII qui è molto grande.
Nell’enciclica Sapientiae christianae (1890), Leone XIII sosteneva che i primi tre doveri del cittadino cristiano nella società fossero i seguenti:

- è necessario obbedire a Dio piuttosto che agli uomini;

- difendere la fede cristiana;
- obbedire ai pastori e alla Chiesa.

Giovanni Paolo II ancora si atteneva - con le debite varianti - a queste indicazioni, dato che riteneva essere la Dottrina sociale della Chiesa un "annuncio di Cristo nelle realtà temporali", ma oggi questi doveri sono posti dopo altri e addirittura sono taciuti o eliminati.
La talpa della secolarizzazione ha ben fatto il suo lavoro sotterraneo.
Che dire allora a 120 anni dalla morte di Leone XIII?
Bisognerà insistere col darsi da fare per capire quello che è avvenuto nel frattempo”.


STEFANO FONTANA.
Direttore Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa

(immagine: M. Giacomelli. Io non ho mani che carezzino il mio volto)