"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

I piccoli sotterfugi di un Jean Sorel o le sofferenze di una Madame Bovary (delle Bovary che sono in ognuno di noi) non potranno mai illustrare le grandiose ambizioni o speranze di un don Chisciotte.
Questi - e per questo lo imitava - guardava a ciò che Amadigi desiderava.
Le madame Bovary dentro di noi guardano a ciò che qualunque altro individuo di provincia può guardare, su un qualunque giornale di gossip.
Imitare è annullare qualunque distanza.
La distanza che, occorre ammetterlo, sarebbe ciò che tutela noi da noi stessi.
Le riduzioni di distanza, quindi l’atrofizzazione della speranza, sono le sole garanzie per la rivendicazione di uguaglianza con i nostri modelli, con ciò che ci fa sognare. Modelli prêt à porter che tutti troviamo confezionati per noi, così da indicarci, senza far troppi sforzi, che speranza sperare.
Se - come dice Girard - "le mediocri letture fatte durante l’adolescenza hanno distrutto in Madame Bovary ogni spontaneità", una medesima ignoranza, una medesima inconsistenza, una medesima assenza di reazione individuale, sembra destinare tutti noi ad obbedire alla suggestione dell’ambiente esterno, in mancanza di una convinzione che ci ‘suggestioni’ dall’interno, cioè di un’attesa vera.
L’attesa, quando però ancora sussista, parla di attesa di altro da come noi siamo, o come la società ci spinge a credere, nel suo chiuso orizzonte, di essere.
In questo modo - cercando di rendere impossibile desiderare con un vero desiderio in questa dovizia di modelli prêt a porter - tutto diviene ostacolo all’ingresso verso il luogo da cui ci sentiamo attratti.
Di quale tipo di distanza - attesa, si stia parlando, mi sono trovata a pensarlo riflettendo sul cosiddetto ‘conflitto’ genitori-figli.
Che senso ha - questo termine obsoleto - se non pensare che ai figli, ai nostri figli, occorra considerare i genitori, i vecchi, tutti quanti quelli prima di loro, proprio in quanto ‘distanti’ e irriducibili a sé, come diretti antagonisti?
Pasolini rilevava come segno di vera decadenza, la perdita del valore della ‘distanza’ tra le nuove generazioni e quelle che le hanno precedute. Una distanza che anziché essere concepita puramente e rabbiosamente rivendicazionistica faceva sì, invece, che i ragazzi, nei loro luoghi di ritrovo, si accostassero, facendo gruppo, ma guardando senza risentimento, se pur - appunto - con distanza, il gruppo dei propri padri.
Nella salvaguardia della distanza era racchiusa la consapevolezza di poterne/doverne presto prendere il posto, senza nessun moto di invidia o di risentimento.
Invece oggi non c’è un film, non c’è una famiglia, non c’è un romanzo, in cui il giovane, il figlio o la figlia, non debbano sentire i vecchi, i padri o le madri, come concorrenti sleali da eliminare prima possibile, per il solo fatto di desiderare quello che loro stessi desiderano e che vorrebbero raggiungere: essere felici.
Mancando il senso della distanza, nel rifiuto della percezione di venire ‘dopo’ e di non poter essere sé stessi se non aspettando il proprio turno, tutto diviene opprimente. Turno in cui, una volta appreso dal più vecchio di noi, entreremo tutti. Un turno tutto nostro di vita, dove la presenza di quelli venuti prima non sia minaccia, ma libertà, unione.
Tutto questo nasce da una concezione di relazione (dell’essere ‘relati ad’), quando non piattamente sartriana, meramente ‘contrattualistica’. Una concezione di socialità in cui - sulla base di una non dichiarata premessa che ha eliminato la nozione di ‘creazione’ - la persona è definibile esclusivamente in contrapposizione (o in difesa) ad altri rispetto a sé.
Anche quando se ne assorbono i desideri vedendoli come ‘modelli’.
Esiste però un modo, ed è quello espresso da Ratzinger in Caritas in Veritate, per cui "ciò che mette l’individuo, da solo, in faccia a sé stesso - perché è questo ciò che fa la libertà - è anche ciò che lo lega, nello stesso tempo, direttamente ed indissolubilmente a tutti gli altri".

(immagine: Giuseppe Abbati - Lungo l'Arno alle Cascine)