"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Angelus cui, ovviamente, i media si sono incaricati di dare risalto insistendo però su uno specifico passaggio: “La fede non è un pacchetto di ‘regole’ da imparare, ma un ‘percorso’”, cito a orecchio.
Questa affermazione, dal suono così conciliante e ‘misericordioso’ nei confronti di chi, di défault, fa regolarmente i cavoli suoi, cioè TUTTI - fa il paio - a mio sommesso avviso - con l’altra, uscita sui più noti quotidiani americani la settimana scorsa, del dott. Vivek Murthy, US surgeon general, una delle più alte cariche della sanità americana.
E l’uscita geniale dell’US surgeon general è la seguente: “Di solitudine si muore. È la nuova epidemia”.
Dovremmo ormai essere tutti più o meno abituati alle dichiarazioni puramente pleonastiche che si accavallano giorno dopo giorno nel nostro quotidiano, cominciando dai talk show, sempre più show e basta, o dalle alzate d’ingegno dei politici (un esempio: Renzi che dice che se il suo referendum sulla Costituzione non passa, lui, non solo, lascia la carica di primo ministro, ma lascia anche la politica; un altro? Un rimasuglio di nome Formigoni che pubblica su un quotidiano acutissime quanto vaghissime dichiarazioni sulla questione del gender, dell’educazione impartita, scorretta e tendenziosa, ai nostri bambini a scuola al riguardo, sulle coppie omosessuali, convintissimo di stare dandoci delle notizie. In realtà - per chi non si guarda solo il proprio ombelico - queste ‘novità’ su cui il suo verbo ritiene di illuminarci, sono stra-argomentate, diffuse e combattute da anni e anni da tanti: gente come Antonio Brandi o Samuele Maniscalco, Stefano Fontana o Massimo Gandolfini. Persone per le quali le questioni succitate sono impegno di vita quotidiano, non spunti di autopromozione elettorale).
Al termine di questa premessa, quello che, nella irrilevanza della mia posizione ed opinione personale, mi sento spinta a stigmatizzare è la pleonasticità, ovvero un dire senza dire altro che lo si sta dicendo, di entrambe le affermazioni, quella papale-gesuitica e quella dell’US surgeon.
Dire che la fede è un percorso, suggerendo così quasi di metterlo in salvo dai ‘paletti’, quando questi non possono che essere stati ideati, appunto, per condurlo innanzi, sano e salvo, questo percorso, è totalmente senza senso. Farebbe ridere, se non fosse altamente drammatico. Chiunque vada in montagna, anche solo per hobby, senza essere per forza un tecnico di scalate e alte vie, sa benissimo che per prima cosa, intraprendendo un percorso occorre domandarsi: “Dove va questo sentiero? Sono certo della meta verso cui mi metto in moto entrandoci?”
In poche parole: “Per andare dove voglio andare, dove devo andare?” di decurtisiana memoria.
In secondo luogo, una volta capito dove vuole andare, chi cammina, è spinto ad essere continuamente attento a verificare che il percorso sia esattamente quello, e non uno dei mille altri che, anche molto poeticamente, si possono aprire - accattivanti - ai lati del sentiero principale.
Per far questo, cioè per non esclusivamente cazzeggiare, bensì per camminare, colui che cammina ha bisogno di pali e paletti. Di segnali forti e chiari lungo il percorso.
Pali e paletti con tanto di indicatori, spesso colorati, che quelli passati di lì prima di lui, divenuti più saggi per l’esperienza già fatta, hanno generosamente distribuito, or qua or là, per indicare, sia la via, che i pericoli vari ad essa connessi.
È evidente che, a prescindere dalla montagna e dalla sua sublime impervietà, in qualunque posto uno si voglia recare, si ha necessità di ricevere indicazioni.
Tanto più se si è deciso di andare al proprio Destino.
In questo caso, non bastano dei banali paletti - segnali talora raffazzonati, costruiti alla bell’e meglio - ma delle vere e proprie indicazioni.
Indicazioni che, considerata l’importanza della posta in gioco, la vita, per essere veramente tali, occorre siano il più possibili oggettive.
È per rispondenza alla propria umanità - che non può non sapersi fragile e ferita - che tali indicazioni, appunto, occorre siano ‘oggettive’: non devono cioè dipendere dai puri e semplici stati d’animo del primo che passa, o di me stesso.
L’esempio classico sono i Dieci Comandamenti, che, con tanta disinvoltura, oggi a catechismo si evita di insegnare. Questo dovendo essere ‘misericordiosi’…
Che bella misericordia verso il bambino non spiegargli la differenza tra rubare o appropriarsi delle cose altrui, e guadagnarsi la vita col sudore della propria fronte, così da garantirgli, prima o poi, la galera.
Diceva Ratzinger, difendendoli a spada tratta, che i Dieci Comandamenti non sono ‘un pacchetto di negazioni’, bensì ‘un grande sì alla vita’!
Però, rispetto a queste illuminanti parole, ai papi gesuiti - forse - suona meglio la massima sessantottina: “Non importa dove andare, l’importante è andare”.
Poi, la succursale della Casa Bianca in Italia, a nome Meloni, ha buon gioco a impossessarsi delle meraviglie di una vita fondata sui ‘valori’, usandola, forse (inconsapevolmente per quanto riguarda lei, i suoi soci no di sicuro), come arma da combattimento politico.
E così, anche la verità sull’umano rivelata, deve fare i conti con il fatto che, fuori del ‘politico’ nulla ha più dignitosa possibilità di collocazione.
Come non ricordare che un amorale e piduista come Berlusconi non si peritava di svendere la zia suora per puri fini di consenso elettorale?
Esiste poi - ma sappiamo che a casa sua non è il solo, soprattutto quando, di lì, vengono architettate morte e distruzione in giro per il mondo - un genio, per di più medico, che un bel mattino, al di là dell’Atlantico, si sveglia e scopre che la ‘solitudine è una vera e propria malattia sociale’.
Nessuno di noi, prima, l’aveva capito, naturalmente . semplicemente pensavamo fosse il solito film, vedendo in televisione città americane in cui si ripetono - a suon di pistolettate e fucilate - attacchi di studenti contro i propri compagni, o notando la circonferenza addominale dei suoi soddisfatti e guerrafondai concittadini, tutti NBA, patatine ed hamburger.
Il mondo di oggi, sempre più globalizzato e ‘in rete’, cioè collegato, è sempre più un mondo di isolati. isolati guardoni, e pure hater ,che usano i social esclusivamente per i rinchiudersi ogni giorno di più nella propria ristretta visione narcisistica del mondo e degli altri, nella propria solitudine.
Forse - anzi, certamente - il buon US surgeon non ha mai letto quanto qua dalle nostre parti, prima che divenissimo colonia USA, già si diceva.
E con echi così drammatici da divenire poetici.
In Italia nel 1930, si diceva nientemeno:

“Ognuno sta solo sul cuor della terra
Trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera”

(Salvatore Quasimodo)

La solitudine, infatti, è costitutiva dell’essere umano e non saranno strategie psicosociali o peggio terapeutiche che la potranno guarire.
Come non sarà il progressivo intrupparsi di tutti con tutti.
L’appartenere per forza a qualche gruppo o squadra di calcio, illusoriamente ce ne libererà: mai si è così soli come in mezzo alla folla, alla gente. Quando non si sa chi si è.
L’US surgeon si limita ad elaborare coordinate cartesiane per identificare stati di salute, valutando statistiche fatte sugli individui considerati come consumatori.
L’intenzione di base, sua e della sua dirigenza politico economica, è garantire una determinata quantità di beni da mettere a disposizione dei connazionali.
La stessa ‘razionale’ e geometrica intenzione che, mentre denuncia l’allarme ‘solitudine’ come patologia, permette alla leadership politico economica del suo Paese di portare ovunque, indecentemente, la guerra.
La guerra: questo è esattamente il posto dove l’essere umano si ritrova più solo in assoluto, infatti.
Qui la solitudine è quella di chi, pur essendo dotato di ragione, la ragione che non deve più usare. Perché ciò che conta è opportunismo e ideologia.
Cessando di illuderci che ‘appartenere’ a qualcuno o qualcosa - sia esso gruppo, comunità, partito, etnia nazionale - e così finalmente vincere la solitudine, significhi evitare di affrontare le proprie paure e mancanze.