"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Per le strade tuttavia già era quasi totale il deserto.
Atti di isteria si potevano notare senza difficoltà.
Un signore - sul tram - richiamata inutilmente tre volte una ragazza attaccata al telefonino, ma senza mascherina - si alzava per andare a schiaffeggiarla pubblicamente.
Un cielo uniforme e grigio, più basso del solito in questa stagione, avvisi con inviti a rispettare regole mai immaginabili prima, giunte perfino a indicare- finalmente, come a Londra?!- i percorsi differenziati per chi entra e chi esce di metropolitana.
Questo senso diffuso di spettralità, unito ad un barbaglio di ritorno alla logica (appunto: l’invito a ritenere un bene l’esistenza delle ‘regole’…) riportavano ad un senso di inesorabilità.
Quell’inesorabilità che una vita liquida, dove tutto scorre e mai nulla si ferma per la durata di più di un breve attimo di emotività, ci impedisce da tempo di cogliere.
Tornando a casa, pensavo alle storie di varia umanità che lungo quelle strade si erano già svolte, in modo drammatico e sconvolgente, tempo addietro.
Ho preso in mano “DE PESTILENTIA, QUAE MEDIOLANI ANNO 1630 MAGNAM STRAGEM EDIDIT”.
Sì, la peste dei Promessi Sposi.
Mi risparmio le descrizioni spiazzanti dell’orrore e della devastazione che in quei giorni si videro un po’ ovunque e mi soffermo su alcune parole in coda al volume che raccoglie la cronaca di quei tristi giorni, del Cardinal Federico Borromeo.
È - la sua - una condivisione del dolore impregnata di passione come di spirito pratico, entrambi informati dalla Fede.

“INSTRUTIONE A PAROCHI PER L’OCCASIONE DELLA PESTILENZA”

È così stretta l’obligatione de Parochi verso de’ suoi popoli nel tempo della peste che non devono, né puono, abbandonarli, ancor che vi sia il pericolo della propria vita.
Ma sono tenuti assisterli con ogni diligenza e invigilare sopra bisogni loro per puotere essere pronti a sovvenirgli ne’ casi di spirituale necessità, altrimenti peccano mortalmente e ne devono essere puniti severamente con pene e censure s’hanno da astringere alla residenza e officio Parochiale.
Devono pertanto rassegnarsi alla divina volontà disponendosi a ricevere la morte in qualsiasi hora per la salute dell’anime a loro commesse, e mettersi nelle braccia di dio, dal quale particolarmente hanno da dimandare e sperare gli aiuti opportuni per potersi preservare dal morbo, usando poi nelle azioni Parochiali quelle cautioni che da Periti le sono proposte e da Superiori raccordate e raccomandate.
Obligo principale de’ Curati è ministrare i Sacramenti fra i quali il primo è il Battesimo. Hor se l’infante nato sarà affetto da pestilenza o pur anco sospetto come quando nasce da Madre appestata s’avverta a star discosto più che si puotrà e di frapporre tra il Sacerdote e l’infante un vaso di fuoco acceso con incenso o altre herbe che rendono l’aria purgata.
E quando fosse necessario d’appressarsi alla creatura, questo deve farsi anco con evidente pericolo d’infezione e di morte per essere questo sacramento necessario alla salvezza che in voto non può esser ricevuto dall’ infante.
Inoltre, è obligato ministrare il Sacramento della Penitenza e dove sia sospetto di contagio se il penitente è in termine d’uscire di letto, si facci in un luogo aperto all’aria viva e in distanza conveniente. Se non può uscir dal letto si faccia dalla finestra o dalla porta alla meglio che si puotrà e s’usino tutte quelle cautioni come fumigare la camera con fiamma se ben fosse di paglia, di lauro. Di ginepro per purgare quell’aria, frapporre fra l’infermo e il sacerdote un vase di fuoco, bagnarsi i polsi, la faccia con aceto.
Del resto non si può tralasciare di ministrare questo Sacramento per qualsivoglia pericolo, sotto pretesto che al moriente basti la contrizione con la Confessione in voto, perché quella è troppo difficile per parte nostra, massime in quelle angustie di morte, e si metterebbe l’anima a troppo grave pericolo di tentationi, disperationi ed eterna ruina, al che è obligato il Parocho provedere per giustitia , nonostante il detto pericolo col ministrarli il Sacramento della penitenza che aiuta, e promove l’imperfetto dolore e rende l’huomo  contrito.
Sì, come anco di deve senza contradditione che si dia agli appestati la santissima Eucharestia per viatico per provvedere all’anime di quelli aiuti che apporta seco questo sacramento e che sono stimati necessari per resistere alle tentationi in quell’ultimo tempo e continuare nella divina Gratia sino alla morte o pure anco per conferirgli la prima gratia che alle volte per la penitenza imperfetta non si pote ottenere, che però nell’articolo di morte è obligato ogn’uno.
Si devono però usare le sudette cautioni per purgare la Camera e fugire il contatto con la persona infetta e robbe di quella casa.
Il Sacerdote con veste corta , cotta e stola solamente, tenendo in mano la pisside , dica le preci da lontano , come dalla porta o dalla finestra, in modo però che possa esser veduto ed udito dall’Infermo, poi con restezza tale  che non disdica alla reverenza del sacramento s’avicini con un Ministro solo all’Infermo e lo communichi con proprie mani e non con altro instrumento, purificando subito le dita nella fiamma della candela accesa,o pur in aceto portato a tal fine, che si doverà consumare subito nel fuoco avvertendo di non portare se non tante particole quanti saranno i comunicandi e bisognando si lasci il baldacchino e s’usi solo l’ombrella di campagna.
Al ministero dei sacramenti succede l’obbligatione della Messa che il dì festivo NON SI PUO’ NEGARE AL POPOLO per l’obbligo che ha d’assistervi.
Azione parimenti che si può far senza pericolo, se sarà eretto un altare o nella porta della Chiesa o in altro sito non pericoloso con facoltà del Vicario foraneo. Alla cui prudenza è rimesso questo negotio, per il pericolo che può nascere dal celebrare in Chiesa.
Nel resto il Parocho ammonirà il popolo con ogni efficacia a mettersi a difesa, particolarmente con le provisioni spirituali, ricordando questo essere un flagello che Dio manda per i peccati dei popoli e inviterà perciò alla santa penitenza, alle orazioni, alla frequenza ai sacramenti e a quei santi esercizi spirituali che ogni Parocho deve vedere con diligenza in tal occasione per governarsi bene”.