"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

È grande la bellezza - e commozione - come non ho potuto trattenermi dal confidare al titolare dietro il bancone - di trovarsi in un Bar container, con lampadario di Murano sospeso sul capo, intanto che ti sorseggi un banale cappuccino.
Allora, il cappuccino, qui, non è più così banale.
Potere del dolore... e della voglia di ricominciare.
“Eh sì - dice orgoglioso del suo lampadario il titolare - abbiamo voluto ricreare il più possibile il nostro vecchio locale di dentro le mura... il bancone, le lampade e così via”...
Ma si interrompe, perché io sono visibilmente semiparalizzata, dopo aver cominciato proprio io questo discorso, con la mia tazza a mezz'aria.
Poveretto, lui non sa e non può sapere che un terremoto ce l’ho avuto anch'io. Che anch'io ho perso la mia casa e che... anch'io ho un lampadario di Murano.
Ma... io, il mio, nella nuova casa in cui, non l’accidentale assestamento geologico, ma la pura cattiveria umana mi ha costretto, non l’ho ancora tolto dallo scatolone, dove giace imballato da mesi.
Penso perché, andando via anch'io come una terremotata, in realtà il coraggio di questi terremotati di qui di ricominciare, non mi è ancora venuto.
Potrei appenderlo ad un soffitto vero, io, il mio lampadario, non ad un riquadro di compensato tinto finto antico di una casina semi tirolese, ma non l’ho ancora fatto. Non lo farò per chissà quanto ancora...
Intanto, nel container-bar col lampadario di Murano: “È commovente”? sillaba esterrefatto il barista quantomeno perplesso... si vede che stenta a comprendere qualche passaggio del discorso... Cioè se - compiaciuto di esibire le sciccherie del suo locale delocalizzato - definirglielo ‘commovente’ sia un complimento o meno...
Meccanicamente, ripetendo: ’commovente’, me ne esco decisa.
Ma non finisce qui quella “meditatio vitae“ che la non telluricamente, ma umanamente terremotata persona, si ritrova spinta a dover fare, passando da una ‘casina’ all'altra.
In quella dove ti fermi per comperare dello shampoo, accade qualcosa di ancor più stupefacente che veder lampadari di Murano fuori contesto. Lì non sai semplicemente più se sei tu che stai parlando o è veramente una sconosciuta che avrà sì e no 20 anni. Se prima poteva essere malinconia, vago senso di invidia per l’eroismo del barista e la sua voglia, ora, quella commessa, sei tu.
Tu che, lassù al Nord dove di scosse sismiche non se ne vedono - pare - causa acquitrini e paludi padane, queste stesse cose mille volte le hai dette, ripetute - anche alle persone ‘care’ - e viste sempre cadere nel vuoto.
“Quando si perde la propria casa è una vita che se ne va: non sono solo i muri, sa? Sono i ricordi, gli anni, gli affetti. Insomma: perdere la casa è perdere una persona cara. Un lutto. Un lutto vero. Ma che fa signora? Se ne va così? Qui c’è il suo resto, guardi… Signora?”