"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

E talvolta fa anche bene alla salute: andare, uscire, muoversi su altre strade e direttrici.
Talora è un cambio obbligato e tu, il tuo perimetro, non lo avresti cambiato con nessun altro.
Però succede.
Il nuovo perimetro - definitivo o provvisorio che sia - in questo momento è un perimetro bagnato, su di un lato, dal mare.
Un mare che non delude mai - lui almeno - per la varietà di espressioni e volti che sa assumere assecondando mille condizioni climatiche e così mille modi di vivere.
E sempre bellissimo e inafferrabile.
Più inafferrabile ancora è però il vento che - se in pianura tira poco ed è praticamente sempre lo stesso - in riva al mare esprime un vero repertorio... non è mai sempre quello...
Ti accorgi, camminando al mare quando tira vento, che i pensieri ti si arruffano - assieme ai capelli - da dietro in avanti; ovvero da destra a sinistra; da davanti all'indietro e così via, secondo tutti i punti cardinali.
Per ogni punto o punto e mezzo della rosa, un nome, una qualità diversa di vento. Una cosa sorprendente.
E - cosa ancora più sorprendente - senti la voce di tuo padre che, ad ogni alito di vento, senza esitazione, se ne usciva con un’esclamazione: Libeccio! Scirocco! Maestrale! Tramontana! Grecale...
Aveva studiato da marinaio e perciò i venti li conosceva bene.
Era un marinaio planato a terra e anche questo, come la capacità di conoscere i venti e chiamarli per nome, denotava che era un uomo speciale.
Sugli yacht, dove capitanava equipaggi e rotte di vacanzieri già ai suoi tempi ricchi e annoiati, una volta incontrata mia madre e deciso di sposarla, ”non poteva più restare”.
Come lui diceva: ”Non son posti per uomini sposati”. E con ciò potevamo facilmente intendere come solevano ammazzare la noia, là sopra, i suoi armatori.
Potevamo anche capire che lui era un uomo speciale: non vedeva mezze vie. O scapolo (e circondato da frizzi e lazzi a scorrazzare su yacht e barche varie) o sposato (e stanziale e composto, sia pure in un lavoro comunque in riva al suo amato mare).
(Non che le cose non possano accadere anche all'incontrario…)
Ma quello che di lui era bello, era proprio sentirlo chiamare i venti per nome. Era più forte di lui: si alzava si vestiva e usciva per andare al lavoro. Prima, però, ci diceva che vento tirava oggi.
Anche le nostre gite familiari domenicali erano sempre arricchite da bollettini sui venti, nel mentre si camminava o si sostava in qualche posto, là in riva al mare dove abitavamo.
Oggi, ogni volta che il vento mi avvolge in riva a qualche mare, subito mi domando da dove tira e, quindi, come si chiama.
E, subito, ripenso a mio padre.
Anzi, in automatico, sento la sua voce proprio come fosse lì, che sentenzia: ”Scirocco ragazzi, c’è poco da stare allegri. Diventa tutto più pesante, oggi, da fare”.
Oppure: ”Ci credo che sia nervosa (a mia madre): oggi è Tramontana. Non va bene uscire, state tutti al coperto”.
E così via, chiamando i venti uno per uno per nome.
Alla mia età mi sorprendo a pensare quanto sarebbe bello averlo ancora accanto a dirmi i nomi dei venti, così da sapere che navigazione mi aspetta.
Certi giorni si confondono, in mille vortici sibilanti, cose, pensieri, ansie, paure, schiarite mentali, subito sommerse da altre ondate e infuriar di tempeste. Ci vorrebbe lui che chiama per nome ogni soffio che ti scompiglia i capelli e le idee, ti dice se uscire o no di casa, se devo metter la sciarpa o il berretto e - soprattutto - ti guida verso una baia sicura a far passare questa lunga notte.