"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Come, al contrario, si leggono persone-sulla scia di improbabili dottor Spock a scoppio ormai ritardatissimo - anche di discreto rilievo culturale affermare il problema essere ‘troppi pochi baci e svenevolezze’ rivolti ai nostri bambini.
Una volta tutto partiva da due illusi che, sposandosi, puntavano ogni impegno, ogni sogno, ogni sforzo a ‘fare una famiglia’.
L’articolo della De Mari che ho ridotto e riproduco qui sotto, affronta la questione dal lato della pretesa ‘democratizzazione’ dei ruoli inter- familiari.
Un altro grande discorso al riguardo è propriamente quello, finendo i ‘ruoli’ (vedi teorie gender e affini) e le distinzioni di ruolo sessuali naturali, quello sulla fine dell’amore.
Amore che più che altro - sempre la De Mari - è stato oggi allegramente sostituito dallo ‘strofinìo’.
Con chi e con che cosa, non rileva.
“Il Sessantotto ha creato il mito idiota della felicità in terra: la felicità in terra è possibile, anzi è la norma. Quindi se non sei felice è colpa di qualcuno, principalmente di padre e madre.
Poi anche altri: Stato, Istituzioni, scuola, datori di lavoro, poste e ferrovie.
Un esercito di psicologi o sedicenti tali ha rilanciato questa teoria, una teoria che potremmo definire del contratto:
Moltissimi adolescenti e non sono convinti di essere nati con un contratto: che, in cambio del fatto che ci hanno concesso l’onore di venire al mondo, gli siano dovuti un mondo perfetto e la felicità permanente.
Il diritto per ognuno di noi quando viene al mondo è di essere amato ed accudito. Non di essere reso felice.
Che un genitore sia un po’ freddo e riservato, non è una colpa: è una maniera di essere.
Se una madre ha un po’ la fissa dell’ordine ed è un po’ perfezionista, non è un a colpa: è una maniera di essere.
Inoltre, si è voluto creare il mito del genitore che fa fare ai figli le cose giuste solo mediante esempio e dialogo, cioè il narcisismo di non usare autorità.
Il bambino in realtà, come ogni essere vivente, tende a prevaricare e deve essere contenuto.
Ebbene sì: la frustrazione è fondamentale per non sviluppare deliri di onnipotenza più o meno mascherati.
Ritenere che l’esempio da solo serva è pura idiozia.
I genitori delle SS non avevano presumibilmente mai ammazzato bambini ebrei.
I genitori di Erika, l’autrice del delitto di Novi, non avevano mai ammazzato nessuno.
Pure il cosiddetto dialogo continuo è una fesseria: i figli hanno una dialettica infinita, e per di più il solo fatto che si discuta su cose che hanno tutti i titoli per essere assolute (bene/male) è di per sé una sconfitta.
In una famiglia non ha senso parlare di ‘democrazia’: occorre una gerarchia e per di più molto chiara.
Qualcuno cioè che dia ordini, non consigli, suggestioni od argomenti per l’ordine del giorno.
Se i figli di famiglie cosiddette rigide e autoritarie tendono eventualmente ad avere una autostima (o quel che si ritiene lo sia) ‘bassa’ e un po’ di depressione, tuttavia essi saranno in perfetto grado di vivere. E capaci di essere funzionali ad un soggetto più ampio che non il proprio ombelico.
I figli di famiglie dove è irriso il principio di autorità vanno, invece, a vele spiegate verso il caos, verso il disturbo border line di personalità.
Chi può latrare insulti in faccia a mamma e papà in realtà è lui quello che di sé ha un’autostima pari a zero. E per di più sempre in balìa delle emozioni, anche delle più ridicole.
La via giusta è pertanto l’autorevolezza, nel caso, meglio sbagliare verso l’eccesso che verso la mancanza.
Un figlio che arriva ad insultare il genitore sta distruggendo sé stesso”.

Silvana De Mari, articolo apparso su “La Verità”, 27 Maggio 2019

immagine: Emilio Vedova