"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Anna altro non faceva che - tornando alla luce del giorno -  nominare estasiata le cose in cui il suo sogno l’aveva fatta deliziosamente sprofondare: fragole (la sua passione, anzi ciò a causa di cui si era ammalata di indigestione il giorno precedente…), fragoloni (a rimarcare il concetto, se ce ne fosse bisogno…) frittata (perché, come rilevava l’ascoltatore che ce ne tramanda notizia, nonché amato papà, nonché fondatore della Psicoanalisi in persona  e il cui cognome iniziava con la medesima lettera, la F di Freud) Anna stava possibilmente radunando sotto lo stesso suono corrispondente al suo, il suo cognome, le cose che più l’attiravano  e che nel suo mondo erano la rappresentazione del massimo soddisfacimento per lei: la pappa, insomma!
Non a tutti i bambini accade di avere accanto alla propria culla un distinto padre-psichiatra armato di taccuino e penna che annota ciò che capita loro di dire al risveglio, ma a casa Freud questo doveva essere senz’altro il meno...
E così è rimasta a futura memoria la sequenza dei cibi che una tenera bimbetta un po’ ingorda aveva eletto a rappresentazione del suo desiderio di appagamento profondo.
Il padre non manca di rilevare con benevolenza che questo sogno è il tipico sogno di un infante e che il soddisfacimento a cui mira non soggiace a troppi ed elaborati sistemi di censura come quello che, invece, noi adulti possiamo elaborare.
E  ‘dobbiamo’ elaborare, pena un risveglio agitato e un eterno credito aperto con le nostre paure.
Debito che permane tutta la vita e che, sovente, adornato da rimozioni acrobatiche, molto più ci affanna a restare nascosto di quanto una bella serie di “fagole, fagoloni, fittate e pappe” in genere possa negare una bambina.
Questo voleva dire Freud sostanzialmente.
E cioè che gli schermi che un bimbo può e sente di dover porre ai suoi desideri nascosti ci permettono serenamente di penetrare fino a questo desiderio.
Perché sono desideri semplici.
E direttamente abbordabili.
La cosa si fa un po’ più grave quando nonostante la copertura piena di declamazioni metafisiche o ideologicamente trascinanti, in realtà è solo in funzione di fragole e fragoloni che tutti ci muoviamo.
Chi non si è mai sentito un fragolone davanti alle attese travestite da promesse d’amore eterno e devoto fatte da padri, madri, figli, mariti e amanti vari?
La realtà è che - se pure Freud ci vuole nobilitare attribuendoci mete più complesse nel prosieguo della nostra vita - quel che resta è soprattutto un’ingordigia da bebè inconsolabili, che a tutto si attaccano pur di trasformare il mondo in un luogo di soddisfazione molto prosaica.
Quando - al di là della retorica delle “Feste della Mamma” come sempre in questo mese - si pensa agli anni dedicati ai figli, magari alle rinunce fatte per loro, torna in mente una frase di Melanie Klein, in cui cogliamo fino a che punto dall'altro a cui ci dedichiamo possiamo venir assimilati a “fagole, fagoloni, fittate, pappe”: ”La madre reale non è che uno schermo colorato prodotto dalle nostre fantasie e dall'identificazione proiettiva” E, angosciantemente però accade che: ”Nella proiezione su questo schermo colorato, mettiamo nella madre, (ma - valutando tutti questi fatti di cosiddetto ‘femminicidio’ armato o silente - direi proprio nella donna, nota mia)tutto ciò che di cattivo possediamo in noi al fine di danneggiarla, distruggendo in ultimo la sua creatività”
Alla madre, quindi, spetta il posto d’onore nel grande gioco della distruzione al risveglio dal sogno.
Chiudiamo con la speranza - certezza (ma fino a che punto ci credeva davvero?) del papà della piccola sognatrice di fragole e fragoloni, il quale dice: ”E’ un’opera di civiltà: come, ad esempio,  il prosciugamento dello Zuiderzee. Si tratta di capire che dove era l’Es (il nostro istinto puro e semplice) deve subentrare l’Io”.
Forse, non è così semplice come prosciugare lo Zuiderzee, con gli esseri umani.