"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

Quartetto - padre, madre, due figlie - dalla indubbia provenienza indiano/pakistana e per il colore della pelle, degli occhi, dei capelli, e per le fattezze eleganti e dinoccolate.
Le i - la madre - non poteva che essere Asia.
Più correttamente: Aasiyah Naurin Bibi.
Aveva la stessa curvatura di fronte che potevo osservare sin da lontano mentre mi avviavo all’uscita. Loro invece si erano fermati all’entrata, giusto per permettere ad Asia - quella che per me era Asi a- di compiere il classico gesto della madre in giro con la sua famiglia: ravanare dentro una voluminosa borsa, in cerca di chissà quale oggetto perduto, lì dentro depositato da un membro qualunque del gruppo e poi richiesto urgentemente.
Si sa, le borse delle madri (soprattutto se si parliamo di  una famiglia vintage, cioè di quelle che ancora non si vergognano di andare a spasso tutti assieme) è bene siano capienti e pronte a lasciarsi andare e deformare a richiesta.
Sarà che stamani era una mattina meno gelida delle ultime mattinate milanesi in corso , sopraggiunte dopo un caldo quasi tropicale che si dilungava eccessivamente dall’estate in poi, sarà che avevo appena comperato due libri sulla Pietroburgo immediatamente precedente la rivoluzione, periodo stracolmo di aspettative, bellezza e fermenti di vita, sarà quello che sarà ma appena identificato il gruppetto, la prima cosa, che - senza ombra di dubbio - mi è capitato di fare, è stata pensare: ecco dove era finita Asia!
Si sa infatti che finalmente, per vie traverse e rocambolesche, Asia, la donnina della provincia sperduta del mondo che ha tenuto in scacco per anni l’ideologia e il fanatismo mistificatorio con la sola forza della Verità, è stata poi liberata, imbarcata per una destinazione ignota e ora vive chissà come lontana da tutto e da tutti.
Io che stamattina, sull’onda dell’appena accennato rialzo di temperatura, vagheggiavo cose belle e verità - che per me infatti di pari passo vanno - scorgendo una carnagione brunastra, capelli neri, gruppo familiare compatto e vintage, fronte leggermente bombata, statura ed età simili, vedo immediatamente e magicamente Asia Bibi in fondo alla Galleria Vittorio Emanuele.
Di più: desiderosa di avvicinarla e darle un bacio.
Ma  mi controllo - a malapena - immaginandomi - come dentro ad un vero film di spystory - che la donna potesse essere messa in pericolo da  gesti avventati di riconoscimento, lì in mezzo alla folla.
Ma non mi stanco di girarmi e girarmi ancora, mentre avanzo verso l’uscita, per lasciar cadere uno sguardo pieno di nostalgia e di gratitudine.
Incontrare una cristiana vera!
Sì, vivo in una società sedicente libera e di lunga storia e appartenenza alla fede cristiana.
Ma non capita di incontrarne molti, intendo, di cristiani.
Per questo, forse, me li sogno in fondo alla Galleria Vittorio Emanuele.
Un suono di voce insistente:
“Principessa, calzini”?
E mi sono risvegliata dal sogno.
Tra Asia e la realtà, ecco inserirsi, come una lama impietosa, la voce di un giovane lungo e sdentato, con la sua ‘z’ di ‘calzini’, pronunciata arrotondata, per nulla nordica, dallo stesso suono di quando diciamo ‘andare a zonzo’.
Dai sogni ad occhi aperti sulla bellezza e il martirio, quasi sempre connesso, se la prima viene affermata armati solo di verità, si sono incaricati improvvisamente dei calzini.
Io, dopo aver ringraziato per l’allettante offerta, ho ricomposto un po’ le mie fantasie.
C’era anche - devo ammetterlo - pochi metri più in là, fermo al semaforo di Cordusio, un gruppo notevole di turisti, tutti con le medesime caratteristiche somatiche ed etniche della mia Asia di poco prima.
Il richiamo dei calzini e il gruppone in stand by al semaforo mi hanno ricondotto alla realtà.
Realtà che - per il fatto di avere in borsa due libri sulla Pietroburgo ante rivoluzione, epoca piena di aspettative, bellezza, ecc. ecc. - mi spingeva comunque in ogni caso a pensare alle battaglie eroiche e ai desaparecidos della fede cristiana.
Sì, perché oggi, nel mondo e persino nella ex-cristianissima Europa, chi ama Cristo e sceglie la verità, è costretto a vivere (se vivere lo lasciano) come un desaparecidos.
E sto pensando, oltre ad Asia Bibi, a monsignor Carlo Maria Viganò.
Che - come tutti sappiamo - per aver detto ciò che ha visto ed udito, nulla di più adesso deve vivere nascosto.
Possiamo sempre pensarli, pregare per loro.
Augurandoci che il ricordo pungente di questi desaparecidos per Cristo, cioè per la verità, scaldi più del blando sole di Novembre la nostra vita.
E, forse, in un gelido mattino appena riscaldato da un raggio di sole, li incontreremo mentre - come in un film ormai scolorito, forse per questo più intenso che mai - ci verranno incontro, là, in fondo ad un crocicchio, tra palazzoni e rumore di traffico.

 

Venezia in Rosso per Asia Bibi

20 Novembre 2018 - VENEZIA IN ROSSO PER ASIA

I luoghi più caratteristici di Venezia illuminati in occasione di "Venezia in rosso", iniziativa del Patriarcato di Venezia e dell'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre per ricordare le persecuzioni contro i cristiani.
«Voglio ringraziare tutti voi che continuate a pregare per mia madre e voglio anche dire grazie a quei giudici coraggiosi e al sistema giudiziario pachistano che finalmente hanno riconosciuto l'innocenza di mia madre». Sono le parole di Eisham, la figlia di Asia Bibi in un nuovo videomessaggio registrato da “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE”.
Il ringraziamento arriva dal Pakistan dove Asia Bibi e la sua famiglia si trovano in un luogo sicuro e segreto in attesa di poter lasciare il Paese. Questo potrà avvenire solo dopo l'udienza di revisione del processo in cui la madre cristiana era accusata di blasfemia e ha rischiato la condanna a morte, revisione chiesta da estremisti musulmani dopo la sentenza di assoluzione del 31 ottobre emessa dalla Corte Suprema.
Il videomessaggio è stato trasmesso questa sera (   ) a Venezia per ringraziare gli italiani dell'interesse sul caso di Asia Bibi. L'occasione è l'evento organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre, con il Patriarcato di Venezia, che vedrà l'illuminazione in rosso di tutti i principali monumenti.
Il mio grazie - prosegue Eisham - va anche a tutti quei governi, come quello italiano, che sono preoccupati per il nostro futuro e per la nostra salvezza. Lo scorso febbraio eravamo a Roma quando Aiuto alla Chiesa che Soffre ha illuminato di rosso il Colosseo; mia madre era in carcere allora, mentre questa sera, mentre voi illuminate di rosso Venezia - dice la ragazza facendo riferimento all'evento - lei finalmente è libera, grazie a Dio. Spero che molto presto la nostra intera famiglia, riunita e finalmente felice e libera, possa visitare Venezia. Grazie a tutti voi che questa sera a Venezia e nel mondo pregate per mia madre e per tutti i cristiani perseguitati».