"Ed ecco la mia vita
Giunta sino all’orlo
Come un vaso d’alabastro
Infrango innanzi a Te
"

Boris Pasternák

E così prosegue: “Nel quartiere vittima dei furti e dei venti, le correnti discendenti dettavano legge. Sacchetti di plastica imprigionati nelle folate estive. Vecchi seduti a giocare a domino in cortile, con le teste sotto i rifiuti svolazzanti. Sacchetti di plastica che crepitavano come fucili.

(…) A volte i sacchetti si libravano immobili, come a contemplare il grigiore dell’intera scena. Poi, un tuffo improvviso, un cortese inchino e via”
Nella vecchia Europa, per la precisione a Dublino dove era nato e vissuto, l’autore afferma di essersi precedentemente cullato nell’illusione di avere dentro poesie in attesa di essere scritte…
E ora?
In effetti, da vecchia europea, io per prima continuo a sentire poesie dentro che devono, dovranno essere scritte, prima o poi.
Ma poi… tanta spazzatura qua e là, tanta urina sparsa dai giovani trendy che frequentano i locali trendy della zona dove vivo tanto trendy che non contempla bagni pubblici e li costringe pertanto a dove altro depositarla che sotto le finestre del prossimo…
Tanta spazzatura nondimeno arriva dalla televisione quando narra di 30 poliziotti appostati in una stanza d’ospedale della civile Inghilterra a controllare che un bambino di 23 mesi muoia veramente.
E per la tutela della triste bisogna non disdegnano piantonarlo come nemmeno Al Capone meglio avrebbe aspirato ad essere piantonato…
Spazzatura l’altra grande iniziativa sempre nei confronti di un minore appena nato: l’obbligo ‘democratico’ e definito ‘civile’ di vedersi appioppare due madri dal sindaco della sua città in persona.
Con un atto di arbitrio personale, dice la TV, questo sindaco ‘va a colmare i vuoti della legislazione al riguardo’.
A volte ci si sente proprio come i vecchi di quel Bronx di Mac Cann, seduti a giocare a domino o a quant’altro, mentre sulla testa ti svolazzano sacchetti della spazzatura.
Ma non riesci a rinunciare a tutte le poesie che questa vecchia Europa, cristiana una volta, ti aveva fatto germogliare dentro.
E’ questa, la poesia che ti porti dentro nonostante tutti i Bronx violenti che stai attraversando, la ‘forma del vento’?
Quel vento che per sua intrinseca natura pare invece negarla ogni forma.
Portar via con sé come spazzatura ogni cosa.
Sarà allora la spazzatura che, volando sopra le nostre teste distratte, ci svelerà la ‘Forma’, la direzione del vento e il rombo silenzioso delle domande che il suo stesso soffiare è?
Benedetta spazzatura, allora.
La spazzatura che oggi benedico è racchiusa nel ricordo di un viaggio in corriera.
Arrivare in cima, una volta giunto il treno all’ultima stazione, si può solo prendendo una corriera.
Una corriera che va su è giù per la valle e il cui guidatore, è amico di quasi tutti coloro che, volta per volta, si ferma a raccogliere alle varie fermate.
Una volta, seduta nelle prima fila, ho assistito rapita agli scambi di battute tra il guidatore e coloro che salivano e scendevano.
Si danno del tu e si salutano cordialmente.
Quella volta però, quelli che il guidatore conosceva e raccoglieva mano a mano, erano personaggi speciali.
Erano tutti delle tragedie umane viventi.
La ‘spazzatura’ della società. Mi sono sentita in dovere di osservare il guidatore con uno sguardo ammirato e pieno di comprensione.
Che lavoro è mai quello del guidatore di corriera!
Ad una fermata, il guidatore ha autorevolmente fatto sloggiare quelli della prima fila per far posto ad una ragazza e alla signora che l’accompagnava.
La donna la teneva in braccio, ma la giovane avrà avuto 20 anni.
Era una larva umana: una spina bifida spaventosa come non ne avevo mai viste in vita mia. Si presentava come uno sgorbio dal volto umano tutto descritto da un virgola gigante che era la sua povera schiena gobba.
Praticamente senza fianchi e senza torace: solo due gambette appese sotto la gobbosa contorsione della sua schiena.
Un occhio completamente strabico. Sorrideva.
Tutto il percorso ha sommessamente chiacchierato con la signora che l’aveva caricata in corriera mentre le si appoggiava addosso con tutto il peso del suo niente. Infatti, anche seduta, non aveva una posizione, solo un contorto scivolamento dell’anca.
Il guidatore, dopo aver piegato e messo in bagagliaio la carrozzella, guidava.
Due paesini più in là, alla fermata sale un tipo e fa per comperare il biglietto. Il guidatore che è in contemporanea anche il bigliettaio, lo conosce.
Intanto che il nuovo arrivato parla con lui, si capisce che è fradicio.
Non ubriaco al momento, ma etilico fin sopra gli unti baffi.
Alla domanda del conducente: “Per dove il biglietto”? Risponde, vero Kerouac dei nostri monti: “Fin dove mi porta un euro e trenta … La mia signora non mi dà che un euro e trenta. E, oltre, non posso andare, la mia signora”.
Per tutto il tragitto (con un euro e trenta il guidatore gliene ha fatta fare di strada…) quello continua a parlare rivolto al guidatore, il quale annuisce e sforza sorrisi, ma è evidente che non capisce una parola nemmeno lui.
“Chiunque mi abbia portato qui, deve riaccompagnarmi a casa”
dice -citando a sorpresa un mistico sufi- la prostituta trovata da Mac Cann tra le altre mille sue colleghe del Bronx. …
I guidatori di corriere di montagna -forse- non fanno altro tutto l’anno: riportare a casa chi non sa molto bene chi l’abbia portato fin qua.