Come quella che osserva la bimba dal ponte, mirando verso i flutti delle acque sottostanti.
Che poi è la lontananza di Gogol quando nel suo Giornale di un Pazzo, dapprima con date regolari lo scorrere dei giorni segna gli avvenimenti del suo ordinario quotidiano; poi, man mano che il grave problema scoperto leggendo i giornali si risolve infatti, con afflizione estrema, osservava: “uno Stato non può stare senza un re” e ancora “Un re c’è, soltanto chi sa dove si trova, in incognito!” scoprendo che la Spagna il re di nuovo ce l’ha , cioè lui stesso, le sue date fino ad allora ‘regolari’ e ritmate come un orologio, si liberano da ogni costrizione temporospaziale e, finalmente, la nuova consapevolezza di sé si effonde in giorni e numeri che non sono mai esistiti per nessuno, se non per lo scorrere ‘nuovo’ in lui del proprio vivere.
Una mamma sola -chissà perché?- in Francia, mentre tutta la famiglia se ne sta a impigrire su una spiaggia in riva al mare.
Una mamma che apre un vecchio cassetto e trova, in poche righe di saluto su una vecchia cartolina dimenticata, una sequela di baci per la sua figlia minore. Di certo si vede come la vita non è mai solamente quella di un banale 11 agosto di 11 anni fa, ma è pure un aprile come oggi, o un ottobre, quando le foglie cadono e la vita si ritira o un Marzobre, fra il giorno e la notte, come nel Giornale di un Pazzo.
Non esiste un tempo se non quello delle cose che fanno battere il nostro cuore.
A volte in controcanto assoluto col ritmo delle ore ‘vere’ che passano e ti avvicinano alla tomba.
Sembra che lo ‘ieri’ non riesca ad andarsene fuori da quella maledetta porta che ti ostini a chiudere ed è più spalancata che mai, non solo per le effrazioni che devi constatare, ci mancano pure loro…, dei ladri, ma perché tu non sei più che un improbabile re di Spagna che tutti si aspettano, là sul suolo iberico, e che non arriverà mai a destinazione.
Lo avranno infatti già preso e chiuso in manicomio molto prima.
Così, come non sei una signora in pantaloni neri coi piedi sull’asfalto che trascina i sacchetti della spesa, ma in contemporanea sei pure una bimbetta di 4 anni in calzini corti, che si sporge sulla Senna, lontano da qui, mentre scivola via chissà dove.
L’unico tempo e l’unico luogo che esiste, fosse pure il 48 Aprile del 2000, come scrive Gogol nel suo Giornale (e il 2000, al momento che scriveva lui, chissà quanto poteva parere lontano…! Invece, ecco che è già passato da poco meno di vent’anni…) è quello di quando -mentre ti accingi a dover lasciare per sempre il luogo tutto di te aveva forma e volti e sentimenti, apri un vecchio cassetto e ritrovi che scrivevi “Tanti baci”, 11 /08/2017.
Allora ti metti a scrivere per questo geniale sito che ti è venuto in mente di creare e cercando ragioni su una data.
Ma il tempo, la data, si dissolve.
Si trasforma assieme al cassetto ed allo spazio che -mentre ti eri distratta ad amare- qualcuno ti ha bruciato tutto intorno.
Allora, come Gogol, senti che tutto sta in una unica data che suona così:
“Il giorno del mese non me lo ricordo.
Ma non c’era neppur e il mese.
C’era il diavolo sa che cosa”